Jan Fabre
1978, Anversa - Belgio
Artista visivo, regista, coreografo, drammaturgo. Figura emblematica del teatro contemporaneo, noto per le sue opere visionarie e provocatorie che in cui il corpo è sempre protagonista. La natura, la bellezza, l'arte e la sua storia, la metamorfosi, l'identità politica e culturale sono solo alcuni dei temi che l'artista ha trattato nei numerosi spettacoli prodotti fin'ora di cui alcuni di durata superiore alle 4 ore, fino a Mount Olympus che invita lo spettatore in un viaggio di 24 ore.
art field
danza, teatro
keywords
corpo, politica, nazione
context
Romaeuropa Festival
date
Belgian Rules
L’intervista è stata commissionata dalla Fondazione Romaeuropa per i programmi di sala del festival.
Nella presentazione dello spettacolo belgian rules/belgium rules ha scritto: «Theatre lay at the birth of this small country, and theatre is what this small country shall remain» e ancora «Ceci n’est pas un pays». Cosa il Belgio rappresenta per lei? E perché ha scelto di dedicargli uno spettacolo oggi?
Il teatro é alla nascita di questo piccolo paese, e il teatro è ciò che di questo piccolo paese rimarrà. Durante l'esecuzione dell'opera La Muette de Portici (La ragazza muta dei Portici) ha avuto inizio la rivoluzione belga. Il pubblico ha cominciato a insorgere e rivoltarsi. Quando infine il Belgio divenne un paese indipendente, una monarchia costituzionale, nel 1830, fu riunificato dalle potenze europee, dopo la sconfitta di Napoleone. Questo già piccolo territorio è diviso in tre parti: le Fiandre, la Vallonia e la parte tedesca, con tre lingue ufficiali! Il Belgio è uno stato artificiale e instabile, che implode sotto la potenza della burocrazia. Durante la nostra storia di oltre 2000 anni siamo quasi sempre occupati da potenze straniere: romani, spagnoli, austriaci, francesi, olandesi, tedeschi … Molte le guerre straniere che sono state combattute sul nostro territorio.
Foto Wonge Bergman
Allo stesso tempo, il Belgio è tutto tranne che uno stato fallito. Siamo un popolo multiculturale e multinazionale. Siamo uniti nelle nostre differenze. Dal Medioevo il paese è relativamente ricco e sviluppato. Il Belgio è sempre stato una piattaforma fruttuosa per le arti, dai pittori fiamminghi e dai polifonisti fino al surrealismo del ventesimo secolo e dai cartoni animati belgi. Belgian rules/Belgium rules non è una storia sul nazionalismo. È piuttosto una storia sull'assenza totale di nazionalismo. I belgi sono orgogliosi della loro mancanza di orgoglio. Le bandiere belghe sono visibili solo quando gioca la squadra nazionale di calcio, i Red Devils. È un paese molto complesso, ma sono proprio i suoi problemi che hanno sempre dato vita a fantastiche opere letterarie, musicali, plastiche, teatrali… E io do vita ad una parabola teatrale di questo bello e strano Regno. Vi è un’urgenza per questo spettacolo, qualcosa che lo rende necessario proprio oggi. In questo momento di crescente sentimento nazionalistico, di confini che si chiudono, di paura e terrore, noi ci mettiamo in gioco, mostriamo la nostra forza e la nostra vulnerabilità, sempre con un sorriso, con umorismo. Qual è il significato della nostra identità culturale? Paesi e cittadini si ritrovano ad essere avversari. Ma è giusto biasimare le differenze culturali, e non piuttosto l’economia e la politica, come il terreno fertile e la causa dei sentimenti euroscettici e anti-multiculturali? In Belgian rules/Belgium rules, guarderemo molto da vicino la nostra surreale identità belga! Potrebbe condurre una migliore comprensione, anche ad una celebrazione dell'Altro.
Nel suo precedente spettacolo Mount Olympus (che le è valso il premio Ubu come miglior spettacolo straniero) attraversava nell'arco di 24 ore la tragedia greca, in Belgiam rules/Belgian rules invece si concentra su artisti, tradizioni, usi e costumi, immaginario del Belgio. Quali sono state le sue fonti di riferimento? E qual è il collante che le unisce?
Negli ultimi anni, ho consapevolmente scelto di prendermi più tempo per creare uno spettacolo, per poter lavorare approfondendo gli argomenti. Volevo sfuggire dal sistema teatrale di 8-10 prove a settimana, seguite dal tour, nuotare come un salmone contro questa tendenza commerciale che si fa sempre più presente. Belgian rules/Belgium rules é in lavorazione già da parecchi anni, anche da prima che il Mount Olympus andasse in scena per la prima volta. I primi disegni per Belgian rules, li ho fatti tre o quattro anni fa. Poi ci sono stati sette mesi di prove. Lo stesso è stato per Mount Olympus. Sei anni di studio e dodici mesi di produzione. Entrambi gli spettacoli nascono da una medesima necessità. Entrambi reagiscono all'attuale clima sociale, politico ed economico in cui la paura e la politica estrema destra purtroppo vincono sempre di più. Mount Olympus, spettacolo di 24h, affronta, tra le altre cose, le azioni e i pensieri dell’uomo, in modo rituale e spirituale. Lo spettacolo si confronta con la profonda violazione delle norme sociali, delle leggi del comportamento e delle regole della morale.
Ha detto di questo spettacolo che ha costruito un'opera sul Belgio come Fellini in "Roma"? C'è qualcosa di felliniano in questo spettacolo?
Foto Wonge Bergman
Durante il processo creativo, ho visto con i miei interpreti il film di Fellini Roma. Ne abbiamo parlato in modo dettagliato e l’abbiamo analizzato in modo approfondito. Gli ho chiesto poi di improvvisare a partire dal film, ma adattando la loro performance al contesto belga. Come Fellini ha fatto con Roma, volevo fare qualcosa di simile per il mio paese d'origine, il Belgio. Un’ode che è allo stesso tempo una lente d'ingrandimento: un’opera che mostra tutta la bella bruttezza e la brutta bellezza del Belgio. È una celebrazione e allo stesso tempo una lettura critica. Una riunione festiva, una collisione tra parola e immagine, fatta del mio linguaggio teatrale e visivo. Una dichiarazione critica d'amore.
Effettivamente, almeno giudicando dai video teaser che hanno popolato il web in questo periodo, sembrerebbe di percepire dei toni molto ironici, forse mai così marcati nei suoi precedenti lavori, è così? E se si qual è il suo rapporto con l'ironia?
Qui, in Belgio, non crediamo alla legge, alle regole, alle parole. E’ l'immagine che ci guida. Il Belgio è abitato da anarchici e artisti. A causa della nostra storia di occupazione straniera, siamo naturalmente critici verso il governo e scettici nei confronti dei regolamenti. Giuriamo sulla parola fiamminga 'foefelen': muoversi sotto, accanto e sopra la legge. Questo rapporto individualistico con la legge è un tema importante nello spettacolo. Amiamo vivere e danzare con la morte, e capovolgere tutto nelle feste di carnevale. L'ironia è esattamente questo: attraverso l'umorismo e la giocosità minare l'autorità e ripensare la realtà. La sovversione è genetica in Belgio. L'arte è sempre stata un atto sovversivo in in questo paese. Prendi Hieronymus Bosch: era un uomo ben educato, ed era cattolico. Ma nei suoi dipinti attaccava sia potere che la chiesa.
Foto Wonge Bergman
Per me, l'ironia è un'arma tagliente per analizzare in modo sovversivo il mondo che mi circonda. L'ironia è una cellula nervosa all'interno del mio lavoro, che sia il lavro plastico, teatrale o letterario. È qualcosa che si nasconde in modo organico nel cuore del mio lavoro di artista sanguinoso e serio. Poiché è attraverso la serietà, l'ironia e l'umorismo fioriscono. Non voglio mai forzare l'ironia. Questa deve emergere dal lavoro stesso, procedere dall'interno verso l'esterno. Esattamente l'opposto di ciò che si vede spesso nell'arte contemporanea internazionale e anche in quella belga: artisti che coscienziosamente creano un'opera d’arte ironica, per poter fissare un linguaggio. Per me questo è troppo facile. È un modo codardo e cinico di fare ironia.
I suoi "guerrieri della bellezza" provengono da paesi differenti. Come si sono avvicinati alla cultura belga per costruire questo spettacolo?
La mia compagnia è ad alto tasso di internazionalità già da 40 anni, accoglie diverse radici religiose, spirituali ed etniche. Per Belgian rules/Belgium rules il cast di ballerini, attori e musicisti è in parte internazionale e in parte nazionale. È l'incontro tra belga e non belga ad essersi dimostrato lo spunto più interessante nel processo creativo. È curioso riconoscere come gli stranieri entrano in contatto e vivono il Belgio e i belgi. In fondo l'identità belga è talvolta vista più chiaramente dai non belgi. L'idea di nazionalità e d'identità sono stati temi importanti in tutto il processo creativo. Temi che oggi sono fortemente strumentalizzate dai partiti di destra. E’ possibile trovare un approccio e un’interpretazione di questi termini che sia più volta a congiungere più che a dividere? Abbiamo organizzato incontri e colloqui con artisti di diversa provenienza: rifugiati, immigrati, persone con genitori di diverse nazionalità, culture, religioni, lingue e così via. Il Belgio è un esempio di integrazione: 117 nazionalità diverse coesistono ad Anversa, più che a New York. Speriamo che continuerà ad essere così – che la diversità arricchirà e ispirerà tutti noi.