CollettivO CineticO

2007, Ferrara - Italia

Compagnia fondata dalla coreografa Francesca Pennini. La ricerca del collettivo si muove negli interstizi tra danza, teatro e arti visive. I metodi di composizione coinvolgono corpi estremamente diversi per indagare questioni legate al movimento, al linguaggio e al ruolo dello spettatore. Spesso integrando processi ludici le opere di CollettivO CineticO si muovono da palcoscenico ai luoghi urbani, dalle missioni mimetiche nella vita quotidiana a piattaforme virtuali.

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art field

danza

keywords

tecnologia, multidisciplinarietà, gioco, linguaggio

context

Romaeuropa Festival

date

Benvenuto Umano

L’intervista è stata commissionata dalla Fondazione Romaeuropa per i programmi di sala del festival.

Pop, a tratti nerd, di certo ironici, i vostri spettacoli di basano sempre su solide fondamenta teoriche e di pensiero scientifico. Di cosa si nutre quest’ultimo Benvenuto Umano? Quale relazione si è creata con gli affreschi del Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia a Ferrara? Quali altri elementi entrano in collisione per dar vita a questa galassia di simboli e iconografie in movimento?

Più dei nostri precedenti lavori, Benvenuto Umano si basa molto sulla complessità. Una complessità contenutistica, che fa parte del nostro modus operandi, ma che crediamo sia anche il principio caratterizzante la visione dello spettatore. La lettura di uno spettacolo non è risolvibile in qualcosa di lineare o didascalico, ma ha in sé qualcosa di ambiguo. Per questo spettacolo abbiamo messo da parte quel formato che aveva caratterizzato i nostri precedenti lavori, a favore di una rifrazione, di un rizoma più intricato. E le sorgenti che animano questo rizoma sono da un lato gli affreschi del Palazzo Schifanoia – con i loro infiniti misteri, con le loro differenti stratificazioni e interpretazioni – dall’altro la medicina tradizionale cinese – con tutta la sua ricchezza di approccio alla questione del rapporto tra corpo e mente. Questi elementi non sono però il contenuto di Benvenuto Umano ma hanno rappresentato per noi delle traiettorie sulle quali portare avanti un processo di creazione che ci permettesse di accedere in maniera nuova al corpo e di rileggerlo.

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Gioco e rito sono dimensioni cardine della vostra pratica artistica. In Benvenuto Umano si propone in scena un rituale inventato. Cosa lega queste due dimensioni del vostro lavoro e che ruolo assumono all’interno della vostra poetica e di questo spettacolo in particolare?

Anche in Benvenuto Umano è presente la dimensione del gioco che nella nostra pratica artistica significa avere a che fare con un sistema di regole attraverso il quale la scena si plasma in tempo reale. Il gioco, per noi, va dunque inteso come un sistema in cui la regia o la coreografia operano principalmente con l’obiettivo di definire un regolamento che plasmerà quindi l’azione scenica e tutto quello che accadrà (in maniera determinata o autonomamente). Così il palco e lo spettacolo stesso diventano una sorta di partita, la cui coerenza è garantita dal fatto che i suoi principi (il suo regolamento) sono stati definiti a priori per determinare dei risultati precisi. Benvenuto Umano non è pensato interamente in questi termini come potevano esserlo alcuni nostri vecchi lavori (ad esempio , che avete potuto vedere in scena al Romaeuropa nel 2012) ma c’è anche qui, in maniera dichiarata, una parte che affonda le sue radici nel gioco. Questo gioco, però, ha ora a che fare con un mondo molto antico. Per me ricercare sempre questa dimensione attinente alla regola, allo spirito tipico dei giochi e quindi, di conseguenza, a una dimensione aperta, pubblica, è molto importante. Perché è alla base di una rilettura profonda del senso del performativo stesso. Questa dimensione fa si che ci sia qualcosa di vivo che si consuma sulla scena, qualcosa di profondamente mutevole, che richiede anche allo spettatore uno sguardo attivo, tifoso, partecipe di ciò che sta accadendo in tempo reale, curioso di scoprire cosa accadrà.

CollettivO CineticO quest’anno festeggia il suo primo decennale. Dieci anni intensi, segnati da una poetica riconoscibile e una ricerca inarrestabile. Parafrasando il titolo di quest’edizione del festival, « where are you now »? Perché proprio in questo decimo anno decidete di intitolare uno spettacolo all’Umano?

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Benvenuto Umano vuole effettivamente fare il punto su ciò che è accaduto alla nostra compagnia in questi dieci anni, pur rimanendo contemporaneamente un’altra tappa del nostro percorso artistico. È un’occasione per riguardare indietro e tirare le fila di un percorso legato alla pratica scenica che abbiamo portato avanti in questi anni di attività. Benvenuto Umano, raccoglie elementi che abbiamo seminato nei nostri spettacoli. Mi piace molto l’idea che Benvenuto Umano possa essere un modo per tornare al punto di partenza del nostro percorso, ma con un vissuto diverso e con altre domande. Lo spettacolo è in un certo senso il punto di arrivo di un tragitto che abbiamo inaugurato con il progetto C/O e contemporaneamente fa perno sullo stesso elemento: il corpo in scena. Un grado zero ma anche la più alta possibilità di rappresentazione dell’Altro, per la sua semplicità, per le sue necessità esplicitate nella danza. Il corpo: la cosmicità più complessa, il rimando simbolico più articolato.

Benvenuto Umano chiude un progetto decennale sulle Eterotopie (concetto foucaultiano che abbiamo attraversato in modi diversi in più spettacoli). Un progetto che è partito dal corpo e che, attraverso l’indagine di un sistema culturale Occidentale e Orientale, ora torna definitivamente al corpo stesso.