Wim Vandekeybus
1963, Herenthout - Belgio
Coreografo e danzatore. fondatore nel 1986 della sua compagnia Ultima Vez. Energia esplosiva, virtuosismo e irriverenza caratterizzano la sua estetica. Paura e desiderio, erotismo e poesia sono protagonisti di una danza che spesso integra la letteratura, il cinema, la musica, il teatro e la danza in opere visionarie e magistrali.
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danza
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corpo, gender
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Romaeuropa Festival
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In Spite of Whishing and Wanting
L’intervista è stata commissionata dalla Fondazione Romaeuropa per i programmi di sala del festival.
Presentato per la prima volta nel 1999, In Spite of Whishing and Wanting, con le musiche di David Byrne, declina in un universo maschile, tra e temi cari al tuo lavoro. Perché hai deciso di rimettere in scena questo spettacolo?
In ventinove anni, da quando ho fondato la mia compagnia Ultima Vez, ho composto circa trenta spettacoli, e In Spite of Wishing and Wanting è uno dei cardini della mia poetica. Ho deciso di riportarlo in scena perché lo considero un lavoro senza tempo: per i temi che affronta, per la maestosità della musica creata da David Byrne e per l’energia che scaturisce dalla danza. Oggi la giovane danza produce principalmente spettacoli di natura concettuale. In In Spite of Wishing and Wanting invece, nonostante sia importante, il messaggio è nascosto da un’estetica irruenta. La narrazione permette di riflettere su temi diversi come il potere, il commercio, il desiderio, ma sempre attraverso un’energia vigorosa. L’energia della comunicazione è qui più importante del messaggio stesso
foto Danny Willems
Per la prima volta porti in scena “un mondo di soli uomini”. Perché questa scelta?
Cercavo un’energia potente, infantile, semplice, non concettuale ma costruttiva, diretta, per questo ho deciso di lavorare sul desiderio maschile. Gli uomini sono animali di gruppo, mentre le donne sono più individualiste e legate al territorio. Effettivamente quest’energia ruvida diventa a tratti molto tenera, nella fase del sonno ad esempio, o leggera, come quando la danza assomiglia al volo degli uccelli.
Il video The Last Words è una parte molto importante dello spettacolo. Come nasce?
Il film The Last Words ha un ruolo preponderante in In Spite of Wishing and Wanting. Si basa su Racconto senza morale di Julio Cortàzar in cui si narrano le vicende di un ambulante che vende grida e parole. Credo che l’idea di materializzare e commerciare qualcosa che appartiene all’umano e alla sua sfera emotiva dica molto della società moderna in cui tutto può essere comprato. Non avevamo soldi per produrre il film, perciò, per non rinunciarci, ho deciso di privare lo spettacolo di una scenografia, lasciando solo il disegno luci. Nel 1999 tutto il cast dello spettacolo recitava nel film mentre in questo “revival” se la scena è abitata da un nuovo cast di danzatori e attori, nel film rimane il cast originale, quasi una memoria storica dello spettacolo. In buona parte del film si parla in italiano: volevo utilizzare la lingua di Fellini, in omaggio al suo cinema dal carattere surreale.
foto Danny Willems
Come hai incontrato e poi collaborato con David Byrne?
David Byrne non sapeva nulla della danza contemporanea. Venne a vedere un nostro lavoro e gli piacque molto. Amò l’originalità e il modo in cui utilizzavano la musica e il suono. Quando gli chiesi di collaborare con noi per In Spite of Wishing and Wanting non mi disse mai di si. Poi un giorno venne a Bruxelles, vide le prove dello spettacolo e decise di occuparsi di tutto: musica e paesaggio sonoro. Così abbiamo iniziato a lavorare in sala prove e a distanza, ed è stato facile e molto stimolante.
Byrne ha detto di te che sei “sempre pronto a gettar via tutte le regole”. E’ vero? C’è una regola di cui non faresti mai a meno?
Mi piace giocare con le regole e con i limiti per stimolare, prima di tutto, l’immaginazione dello spettatore. Stringere un patto con chi guarda per creare un terreno di scambio empatico che permetta la condivisione. Ma questo, in fondo, è il teatro. L’uomo è l’unico essere vivente che ama calarsi nel ruolo di qualcun altro per diventare ciò che non è; e dal canto suo lo spettatore ama credere a quest’illusione, mettendo in azione proprio l’immaginazione. Voglio essere un catalizzatore della fantasia del pubblico e confondere lo spettatore affinché esca dai miei spettacoli con più domande che risposte, come se stesse partecipando ad una seduta psicoterapeutica con un buon analista.