Forced Entertainment

1984, Sheffield - Inghilterra

Copagnia di teatro, fondata da Tim Etchells, formata da sei artisti. Un teatro che parla del tempo presente e che cerca una relazione forte tra forma e contenuto, che trova ispirazione nei classici, come da contenuti internet e dalla cattia televisione, dalla danza, dalla musica e dal teatro stesso. Il lavoro della compagnia include site specific, installazioni, video e libri.

www.forcedentertainment.com

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teatro

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letteratura, oggetti, classici

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Romaeuropa Festival

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Table Top Shakespeare

L’intervista è stata commissionata dalla Fondazione Romaeuropa per i programmi di sala del festival.

Un tavolo grande un metro quadrato insieme a utensili e oggetti d’uso quotidiano, per mettere in scena tutte e 36 le opere teatrali di William Shakespeare in poco più di una settimana. Una vera e propria “maratona teatrale” in cui drammaticità e comicità, irriverenza e poesia s’incontrano per restituire nuove letture delle più celebri (e delle meno celebri) opere del bardo.* *Un percorso all’interno della potenza della lingua shakespeariana, che qui incontra le sperimentazioni, i giochi teatrali, la capacità inventiva di uno dei gruppi teatrali più audaci della scena internazionale.

Tim Etchells, «Forced Enterteinment», perché questo nome per la vostra compagnia?

Ci piace la contrapposizione tra la parola “entertainment” (divertimento), che esprime una idea positiva e amichevole, e la parola “forced” (forzato) che, invece, fa riferimento a qualcosa di problematico, di difficile. Pensando al teatro abbiamo riflettuto sulle difficoltà che a volte si incontrano nel confrontarsi con le aspettative del pubblico, sul fatto che il teatro sia sempre legato al giudizio e al gradimento dello spettatore. Questa contrapposizione, espressa dal nome, è un nucleo centrale del nostro lavoro. È, un po’, il nostro manifesto poetico. Vogliamo sfidare questa idea del teatro in modo divertente.

textfoto Hugo Glendinning

Si celebrano quest’anno i 400 anni dalla morte di Shakespeare: da dove la scelta di reinterpretare la sua intera opera teatrale?

Per me Shakespeare è una collezione di testi che diventano “contemporanei” quando li leggiamo. Perché siamo noi ad essere “contemporanei” e a riportare in vita i testi, ognuno secondo la propria sensibilità. In tal senso vedo in Shakespeare una serie di possibilità: la sua parola è in grado di trasformarsi in qualsiasi tipo di azione. E forse è proprio questa capacità che hanno i suoi testi di trasformarsi in altro che fa sì che essi continuino ad avere successo, ad animare il nostro universo culturale. Il suo lascito è qualcosa di cui ci si può appropriare per perseguire e alimentare idee diverse. Naturalmente, entrando nel dettaglio, parliamo di opere ricche di contenuto e al tempo stesso “aperte” a differenti interpretazioni. Questo rende Shakespeare uno strumento perfetto per quest’alchimia della riappropriazione.

In Complete Works: Table Top Shakespeare, ogni personaggio è rappresentato da un oggetto di uso quotidiano che prende vita su un piccolo tavolo: righelli, contenitori per sale e pepe, utensili da cucina…In che modo questa idea trasforma le opere di Shakespeare?

Io amo il linguaggio di Shakespeare. Mi cattura, mi tiene legato. Quando ho iniziato a lavorare sulle sue opere teatrali per Complete Works: Table Top Shakespeare, volevo creare qualcosa di diverso: rielaborare le storie per evidenziarne l’intreccio e studiarne il funzionamento come fosse quello di un orologio. Credo che il nostro approccio restituisca una prospettiva completamente diversa su queste opere. Le mettiamo in scena tutte e 36, tutte insieme, ma, allo stesso tempo, portiamo a teatro qualcosa che non ha nulla a che fare con le opere originali. Di esse resta un diagramma che emerge da un assurdo spettacolo di marionette, molto lo-fi. È interessante notare come, nonostante restituiamo queste storie in una forma “home-made”, le opere del bardo mantengono la loro originale poesia.

textfoto Hugo Glendinning

Che rapporto intercorre tra il personaggio e l’oggetto che lo interpreta su questa bizzarra scena?

Gli oggetti sono una tattica comica per riportare sulla terra i grandi e maestosi personaggi shakespeariani. Queste grandi icone della nostra cultura incontrano dei banalissimi e stupidi oggetti quotidiani: un re diventa una bottiglietta di colla, una principessa un vasetto di marmellata, un servo un martello, un altro servo una scatola di cereali… Ma, allo stesso tempo la nostra intenzione è quella di far assumere agli oggetti la reale forza di questi ruoli e di questi personaggi, per quanto questo, inizialmente, possa sembrare assurdo. Lo spettatore deve convincersi che quel determinato fiore nel vaso sia veramente Ofelia e poi, con preoccupazione ed empatia, domandarsi quale sarà la sua prossima mossa, la sua prossima parola. La magia e la stupidità di questi oggetti quotidiani che mettiamo in scena sono due sentimenti che entrano in stretta relazione.

Ogni attore della compagnia assume la responsabilità di un’intera opera di Shakespeare, muovendo gli oggetti in scena. Qual è il loro ruolo in questo spettacolo?

Qui gli attori sono dei narratori: raccontano le storie e devono, perciò, essere in grado di trasportare lo spettatore in un viaggio avvincente. Allo stesso tempo sono dei burattinai: muovono gli oggetti spostandoli dentro e fuori la scena (il tavolo) e animandoli in modo da trasformarli in personaggi, credibili agli occhi dello spettatore. È un lavoro che richiede tempo e pazienza. Infatti l’attenzione del pubblico è direttamente proporzionale a quella impiegata dagli attori nel manipolare con cura gli oggetti.

textfoto Hugo Glendinning

La tua compagnia ha sede a Sheffield, in Inghilterra, ma è conosciuta in tutto il mondo. Come artista e cittadino inglese, che presenta i suoi spettacoli in tutto il mondo, come guardi all’attuale configurazione dell’Europa? Qual è stata la tua reazione alla Brexit?

Credo che questa sia un’epoca di terrore non solo in Europa ma anche in America e nei paesi arabi. In molti paesi europei e in America assistiamo al ritorno delle destre con risvolti nazionalisti, isolazionismo, xenofobia e razzismo. Contesti d’austerità, cambiamenti climatici, instabilità politica, il problema dell’immigrazione e dei rifugiati, la guerra civile in Siria; Iraq, Afghanistan, Egitto sono qualcosa di feroce e spaventoso. La Brexit va inserita in questo contesto. Un incubo: uno stupido referendum che ha permesso ad una piccola maggioranza di obbligarci a troncare i legami e le relazioni con i nostri vicini. Non credo che le persone che hanno votato a favore della Brexit lo abbiano fatto con una piena coscienza del significato che il loro voto avrebbe assunto. Addirittura il governo, che ora sta pianificando la messa in opera della Brexit, sembra farlo senza una reale coscienza su come procedere. Se Trump vincerà in America sarà il sigillo per un 2016 da incubo.